Articolo pubblicato su Letteratura-Tradizione, N. 34, Ottobre 2005

sedlmayr

«La tesi fondamentale di Sedlmayr, espressa in modo magistrale in Perdita del centro (1948), da molti considerato – forse a ragione – il suo capolavoro, è che alla fine del XVIII secolo è iniziato qualcosa nelle arti, una tendenza si è resa visibile, uno sconvolgimento fa vedere i primi segnali evidenti, con visioni ed immagini che fino ad allora non erano mai state viste, se non, vagamente, nelle opere di alcuni precursori lontani nel tempo, rari quanto inquietanti (ad esempio Hieronymus Bosch). Come si comprende già da questo esordio, l’impostazione base di Sedlmayr è quella di considerare l’arte e l’opera d’arte come sintomo di una malattia del corpo di una civiltà, dell’Occidente: il luogo nel quale vibra, si scatena e si condensa il fremito, la febbre, la sofferenza, la crisi causati da un tremendo e profondo turbamento di una civiltà.»

L’articolo è dedicato appunto a “Perdita del centro”, l’opera centrale con la quale Sedlmayr intuisce, attraverso l’analisi dell’arte occidentale soprattutto dalla fine del XVIII secolo,  i segni e la tendenza apocalittica di un’intera Civiltà.  Ciò che la storiografia “modernista e progressista” ha  sempre interpretato come travalicamento dei limiti  e nuove scoperte, è svelato da Sedlmayr come indemoniamento e distruzione. In questo l’opera di  Sedlmayr è veramente profetica, soprattuto per le condizioni che si sono sviluppate fino ad oggi, nella realizzazione di ciò che un’elite satanica vorrebbe instaurare: il  Nuovo Ordine Mondiale.

«Siamo nei decenni [la fine del XVIII secolo] in cui molti artisti vengono posseduti da forze demoniache. (…) E’ come se nell’uomo si fosse aperta una porta verso il mondo degli inferi e come se questo mondo minacciasse con la sua follia coloro che hanno visto troppo di quanto esiste in esso. »


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